I disturbi dell’alimentazione non derivano da cattive abitudini alimentari o effetti della poca volontà di chi ne soffre. Sono patologie psichiatriche che portano ad assumere comportamenti volti a raggiungere ideali estetici irrealistici.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, consultando i media, i disturbi dell’alimentazione non sono aumentati negli ultimi decenni. Quello che è – per fortuna – aumentato è lo spazio che i mezzi di comunicazione danno all’argomento e della sensibilità su quanto particolari modelli sociali possono avere sui soggetti più fragili.
Accanto alle più note Anoressia e Bulimia, esistono altre forme di disturbo dell’alimentazione. In particolare, vedremo insieme il disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating Disorder, BED). Il BED è un disturbo del comportamento alimentare che si presenta con episodi di abbuffate simili a quelli della bulimia nervosa, senza però mostrare i comportamenti compensatori tipici di quest’ultima (vomito, abuso di lassativi o diuretici, digiuno successivo). Le periodiche abbuffate possono riguardare sia alimenti dolci che salati, con successive coliche addominali.
Di fronte a una persona in forte sovrappeso, quindi, anche il medico di base può diagnosticare un BED, analizzandone il comportamento alimentare e il livello di accettazione della sua condizione fisica. In genere, il BED interessa uomini adulti e, forse, per questo motivo ha un impatto sociale meno pubblicizzato di altri disturbi dell’alimentazione.
Ma cosa significa abbuffarsi? Vuol dire ingerire compulsivamente, almeno una volta alla settimana per almeno tre mesi, grandi quantità di cibo in tempi relativamente brevi e a prescindere da una reale sensazione di fame. Accanto a questo c’è l’impossibilità di seguire diete ipocaloriche nonostante un sincero desiderio di perdere peso. Come nel caso della bulimia, anche nel BED le abbuffate sono solitarie e associate alla sensazione di perdere il controllo rispetto alla quantità di cibo assunto e terminano soltanto in seguito a una sensazione di pienezza eccessiva e sgradevole.
Ma cosa provano le persone che si abbuffano? Una delle sensazioni ricorrenti delle persone che attuano questo comportamento è che ingerire grosse quantità di cibo riesca a placare, seppure per un periodo estremamente breve, le loro ansie, questo a prescindere dai danni arrecati alla salute.
Le persone affette da BED non hanno una grande stima di sé, vivono la loro condizione con un forte senso di colpa, si sentono goffe e, nonostante questo, sembrano riuscire ad affrontare la propria insoddisfazione solo con l’assunzione di cibo e il conseguente aumento di peso.
Chi è affetto da BED, così, è quasi sempre obeso e soffre psicologicamente per questa condizione1. Il senso di frustrazione e la riduzione dell’autostima che seguono la fase dell’abbuffata sembra derivare dal fatto che le persone affette da BED sembrano ritenere che il proprio valore sia dato dal proprio peso. Sono convinti cioè che le difficoltà relazionali si risolverebbero se il loro peso fosse nella norma. Si instaura così un circolo vizioso in cui la sensazione di esclusione sociale e di isolamento, conferma l’ipotesi di non avere successo sociale a ausa delle proprie caratteristiche ponderali. Questo porta ad un ritiro dalla vita sociale che intensifica il senso di solitudine e conferma all’individuo il suo scarso valore e la mancanza di risorse per uscire da questa situazione di impasse.
Ma da cosa deriva il BED? Come per l’anoressia e la bulimia, l’origine del BED è complessa e in parte legata a una predisposizione genetica, cui si sommano un serie di fattori personali, familiari, sociali e ambientali sfavorevoli. Studi condotti negli ultimi anni hanno evidenziato anche alterazioni specifiche di ormoni e neurotrasmettitori che regolano appetito, sazietà e stimolo all’assunzione di cibo, sia a livello cerebrale che gastroenterico: per questo motivo, il BED mostra un andamento sovrapponibile a quello dei disturbi dell’umore.
Come si affronta il BED? Come tutti i disturbi del comportamento alimentare, il BED necessita di un approccio multidisciplinare che preveda una stretta collaborazione tra psichiatra, internista, dietologo e psicologo. La dieta deve tendere a mantenere un adeguato equilibrio metabolico; la terapia farmacologica – se ritenuta opportuna – si avvale della somministrazione di antidepressivi e ansiolitici, mentre la psicoterapia può aiutare ad affrontare le problematiche relazionali legate alle difficoltà di avere una adeguata percezione del proprio corpo e del proprio Sé.
In particolare, l’intervento terapeutico nei casi di BED agisce su diversi aspetti: dal momento che lo stile nutrizionale patologico della persona che soffre di BED è strettamente connesso ad un malessere psicologico di cui l’abbuffata rappresenta il sintomo, è prioritario che il paziente possa lavorare sulla gestione delle dinamiche sottostanti alla sintomatologia, attraverso un percorso terapeutico che gli permetta di riacquistare la sensazione di scegliere e controllare il proprio stile di vita, potenziando quelle risorse che non riesce a riconoscersi.
La psicoterapia del BED ha, quindi, come obiettivi primari l’interruzione delle abbuffate e la riduzione della psicopatologia specifica e associata a questa patologia (come l’ansia e la depressione) Il trattamento prevede la disamina delle idee disfunzionali, l’identificazione degli stati emotivi che possono innescare le abbuffate e lo sviluppo di modalità più funzionali per fronteggiarli. La terapia può essere anche di durata stabilita2, che si propone di aiutare i pazienti a identificare e risolvere i loro problemi interpersonali, che possono essere causa del comportamento alimentare sbagliato.
BIBLIOGRAFIA
American Psychiatric Association (2013) Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) Raffaello Cortina Editore, Milano 2014
Todisco P, Vinai P.(a cura di) (2008). La fame infinita. Manuale di diagnosi e terapia del disturbo da alimentazione incontrollata. Centro Scientifico Editore, Torino 2008
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